Come superare le crisi da sovraindebitamento

La Legge 3/2012 ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano importanti modifiche a quella che era la precedente disciplina del fallimento. Tra le più importanti novità, riprese dall’attuale D. Lgs. 14/2019, vi è la facoltà anche per i soggetti normalmente non fallibili di accedere a delle procedure di gestione della crisi, qualora gli stessi si trovino in una situazione di “sovraindebitamento”.

La norma in questione definisce così il sovraindebitamento come lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo, delle start-up innovative[…]“.

L’estensione della disciplina a ulteriori soggetti è molto importante perché consente sostanzialmente a tutti di “ristrutturare” i debiti (ossia rinegoziare e trovare nuovi accordi sugli stessi debiti, potenzialmente con stralcio di una parte della cifra dovuta) e/o giungere anche all’esdebitazione (ossia la “cancellazione” debiti).

Qui alleghiamo le nostre slide operative

Nel linguaggio comune i termini “fallimento” e simili hanno una connotazione totalmente negativa, carica di pregiudizi alimentati da una cultura del successo – anche solo apparente – a tutti i costi e poco comprensiva della dimensione della fallibilità umana, intesa come inevitabilità naturale dell’errore.

La materia è delicata (i debiti di qualcuno sono i crediti di qualcun altro, dopotutto), ma sembra positivo che il Legislatore italiano si sia mosso in una direzione sempre più di neutralità morale rispetto al tema, puntando sulla necessità di consentire una ristrutturazione del debito o quindi un fresh start“, una ripartenza, a chiunque si sia trovato incolpevolmente in una condizione irreversibile di crisi.

Precedentemente alla citata riforma, determinati soggetti (i privati e gli imprenditori di piccole dimensioni) non potevano accedere alla tutela di ultima istanza rappresentata dal fallimento-esdebitazione, con la conseguenza che i loro debiti li avrebbero potenzialmente “perseguitati” sino a prescrizione o paradossalmente – ma letteralmente – alla loro morte, anche quando fosse ormai palese che era irrealistico poterli saldare, pur con tutte le buone intenzioni.

Come abbiamo cercato di evidenziare in questo articolo, anche le sole logiche che regolano il calcolo degli interessi innescano matematicamente circoli viziosi (o virtuosi), cosicché nel caso di debiti eccessivi, senza una disciplina ad hoc, diventerebbe impossibile oltre una certa soglia di indebitamento risolvere la situazione di crisi.

La riforma in questione sino ad oggi non ha avuto l’ampia applicazione immaginabile, in parte perché è giunta verso la fine del ciclo di crisi economica del 2008, in parte perché manca una cultura giuridica di base e perché non è stata adeguatamente pubblicizzata verso i soggetti che potrebbero usufruirne. Tuttavia, alla data in cui scriviamo – durante la crisi da coronavirus Covid19 – pare che i tempi siano sfortunatamente maturi per un’adozione di questi strumenti di composizione della crisi e che peraltro gli stessi siano anche più economicamente sensati di tante altre misure eccezionali per favorire dell’ulteriore debito di dubbia sostenibilità.

Nella prassi si nota che spesso quando i privati e le piccolissime aziende si trovano in forti difficoltà economiche, con molte situazioni debitorie da gestire contemporaneamente, tendono ad “arrendersi” e disinteressarsi della loro situazione finanziaria, accumulando ulteriore debito a breve termine e quindi pignoramenti in sequenza.

Per quanto ciò sia psicologicamente comprensibile in una situazione percepita come ormai “persa”, oggi i modi per superare legalmente questi problemi economici esistono e non sono né troppo complicati né costosi, per cui non bisogna disperare e ricordare che “se ci si trova in una buca, la prima cosa da fare è smettere di scavare”, (Will Rogers).

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