Organizzazione aziendale: l’importanza di organigramma, mandatari, procuratori, delegati e preposti

Le aziende italiane sono soprattutto aziende familiari: gli ultimi dati disponibili indicano che ben l’85% delle nostre imprese ha infatti conduzione e/o proprietà principalmente familiare e connessa per parentela al fondatore, per un totale di occupati che interessa oltre il 70% dei lavoratori.

Se si unisce questo dato al fatto che per lo più queste aziende sono medio o medio-piccole, emerge chiara la croce e delizia del nostro sistema: difficoltà di crescita dimensionale oltre una certa soglia, mancanza di divisione dei compiti secondo criteri autenticamente manageriali e scarsa attrattività verso il personale altamente qualificato, ma anche grande attaccamento, conoscenza storica del proprio settore e flessibilità.

Eppure, questi due aspetti non sono necessariamente in contrasto, né costringono ad una mediazione al ribasso, in un gioco a somma zero, l’imprenditore.

Infatti, esistono alcuni strumenti, ben consolidati e giuridicamente abbastanza semplici, che consentono di creare una struttura aziendale più moderna e valorizzante per il personale, senza che ciò sminuisca i poteri propri dell’imprenditore, ma anzi proteggendolo dai rischi legali più gravi, ossia quelli di natura penale per violazione delle norme in materia antinfortunistica ed ambientale.

Passiamoli in rassegna i principali:

  1. Organigramma adeguato.

Può sembrare banale ed è forse lo strumento più adottato, ma è essenziale adottare, circolarizzare ed adeguare periodicamente un organigramma che corrisponda nella divisione delle funzioni e nella assegnazione delle risorse alle esigenze specifiche della propria attività e, nell’indicazione delle persone incaricate, alla reale divisione dei compiti e competenze tecniche. Ad eccezione forse di liberi professionisti ed aziende unicamente di soci-familiari-lavoratori, tutte le imprese dovrebbero averne uno, anche perché in caso di problemi, è il primo documento che gli enti di controllo (ASL, Procura) vogliono esaminare.

L’organigramma viene redatto internamente anche direttamente dall’azienda, ma è importante dotarlo di data e nr. di revisione certi.

  1. Nomina di un institore e/o di procuratori.

Secondo l’art. 2203 c.c. l’institore è “colui che è preposto dal titolare all’esercizio di un impresa commerciale”; in sintesi si tratta di un alter ego scelto dall’imprenditore che ne fa le veci operativamente in tutta o più spesso in un ramo o sede secondaria dell’azienda e che ha un potere di rappresentanza generale (firma potenzialmente qualunque documento fino ad una certa soglia di valore), il che lo distingue dal semplice procuratore (es. direttore commerciale) che ha questo potere solo in un certo ambito.

L’utilità di nominare un institore è evidente soprattutto quando si pensi che gli può essere anche attribuita la qualifica di “Datore di Lavoro” secondo l’art. 16 del D. Lgs. 81/08 (c.d. “testo unico sulla sicurezza”) e/o “Delegato ambientale”, responsabilizzandolo di conseguenza rispetto ad infortuni sul lavoro e reati ambientali e sollevando invece l’imprenditore delegante.

Bisogna tenere però presente che la nomina ad institore riguarda un potere “gestorio”, pratico-operativo per così dire, mentre la delega a datore di lavoro e delegato ambientale è “funzionale”, cioè di qualifica, e anche se l’atto può essere unico i due aspetti vanno indicati chiaramente e in modo separata.

Mandato institorio, delega a datore di lavoro e delegato ambientale e procure vanno rilasciate a mezzo di scrittura privata autenticata, quindi con l’intervento del notaio e preparate insieme ad un legale esperto in materia.

  1. Nomine di dirigenti per la sicurezza e preposti.

Anche qui nel campo delle deleghe funzionali secondo il D. Lgs 81/2008, è previsto che il “Datore di Lavoro” (l’institore, se avremo attuato il punto 2. Precedente) possa delegare ulteriormente alcuni (non tutti) i suoi compiti ad un “dirigente per la sicurezza” che “in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l’attività lavorativa e vigilando su di essa” e che potrà a sua volta delegare parte dei compiti a dei “preposti” che attuano e controllano il rispetto delle direttive in materia di sicurezza, segnalando eventuali violazioni.

Questo tipo di nomina viene redatto internamente anche direttamente dall’azienda, ma anche qui è importante dotarlo di data e nr. di rev. certi.

Ecco che attuando questi tre step, possibilmente insieme all’adozione dei modelli previsti dal D. lgs 231/2001, il nostro imprenditore familiare, pur restando il “capo” indiscusso ha creato sotto ed intorno a sé una rete di deleghe che proteggendolo dai rischi legali più gravi, salvaguarda in fin dei conti la sopravvivenza dell’azienda, ed al tempo stesso offre modo ai dipendenti di crescere e responsabilizzarsi professionalmente.

Alcuni requisiti di validità deleghe

Attenzione però, troppi, attuato questa sistema formalmente, cadono però nella trappola di mantenere il sistema solo sulla carta, non attuando fino in fondo la delega e continuando ad agire direttamente nelle materie delegate.

I tribunali italiani sul tema hanno dettato ormai da tempo regole molto chiare su come debba essere una delega autentica e in grado di sollevare da responsabilità legali l’imprenditore delegante:

  • Il delegato deve avere provati requisiti di competenza e professionalità tecnica;
  • La delega deve conferire autonomia d’azione, ma soprattutto di spesa in misura adeguata (tranne per i semplici preposti);
  • Deve essere accettata in forma scritta;
  • Nella prassi non devono esserci state ingerenze o non devono esserne state ignorate violazioni tali da vanificarne la reale effettività.

A questi punti aggiungiamo che, anche se non indispensabile, resta consigliato che al conferimento di queste deleghe corrisponda un inquadramento e retribuzione adeguati a quanto previsto dal CCNL applicabile, oltre che corretto che venisse offerta una copertura assicurativa per la responsabilità professionale.

In sostanza si tratta di cambiare leggermente la propria visione e passare almeno in parte, sull’operatività più quotidiana, da capitano in prima linea a comandante, o allenatore se preferite, che da un punto di vista più alto organizza le proprie linee e sceglie, con attenzione, le persone giuste da schierare.

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