Comunione dei beni legale, convenzionale e successione ereditaria

Questo breve contributo prende spunto da una questione sottopostaci da una nostra lettrice.

Ci scrive Claudia :

Buongiorno,

mia madre è deceduta, senza testamento, lasciando come eredi il marito (mio padre) e due figlie: l’eredità si compone di denaro (su conto corrente cointestato) e due immobili, che risultano catastalmente intestati unicamente a mio padre. La visura riporta “proprietà di 1/1 di Tizio in regime di comunione legale” (preciso che trattasi di immobili acquistati dopo il matrimonio e che la comunione legale è indicata anche nell’atto notarile, firmato però solo da mio padre). In qualità di figlia, cosa mi spetterebbe? Gli immobili sono esclusivamente di mio padre oppure no?

Cara Claudia,

!!Spoiler!!

..no!

Andiamo per gradi.

Perché si parla di comunione “legale” dei beni.

Recita l’articolo 159 cc:

“Il regime patrimoniale legale della famiglia, in mancanza di diversa convenzione stipulata a norma dell’articolo 162, è costituito dalla comunione dei beni, regolata dalla sezione III del presente capo.”

Dal punto di vista storico, è interessante sottolineare come il regime patrimoniale in oggetto abbia acquisito il rango di “legale” (ossia che si applica  di default in forza della legge – o, con termine tecnico, ipso iure – laddove i coniugi non optino per il regime della separazione dei beni o per un regime “convenzionale”) soltanto con la riforma del diritto di famiglia nel 1975: prima di tale riforma, il regime legale era quello della separazione dei beni.

Tale evoluzione normativa fu dettata da un insieme di motivazioni che vanno dal riconoscimento e dalla conseguente tutela del lavoro casalingo svolto, all’epoca, prevalentemente dalla donna (tesi, però, minoritaria) al riconoscimento dell’uguaglianza giuridica e morale dei coniugi o, ancora, della dimensione comunitaria della famiglia (lo spirito della riforma fu infatti proprio quello di equiparare la posizione giuridica dei coniugi).

Oggi, quindi, se due soggetti si sposano e non adottano un differente regime, i loro rapporti patrimoniali saranno regolati dalle norme che disciplinano la comunione legale dei beni (artt.177 e ss. cc).

Comunione ordinaria e comunione legale sono istituti differenti.

La prima cosa a cui bisogna prestare attenzione quando si tratta della comunione legale dei beni è quella di non cadere nel facile errore di confonderla con la comunione ordinaria (disciplinata dagli artt. 1100 e ss. cc).

Si tratta di due istituti sostanzialmente diversi: infatti, sebbene sia i comunisti (ossia i comproprietari nella comunione ordinaria) che i coniugi divengono contitolari di un diritto avente ad oggetto un bene “comune”, una prima importante differenza tra i due istituti è che mentre nel primo caso i comproprietari sono titolari di una quota (anche solo ideale) del bene, nel caso della comunione legale la titolarità dei coniugi ha ad oggetto l’intero bene.

Semplificando molto, mentre nella comunione ordinaria due comunisti sono titolari di una quota (per semplicità 1/2) del diritto di proprietà di un bene nella sua integrità, nella comunione legale (che viene talvolta indicata anche come “comunione senza quote”, “germanica” o “a mani riunite”) i coniugi sono entrambi proprietari dell’intero bene (il loro diritto, si dice,“insiste sull’intera massa”-da qui la dicitura “proprietà di 1/1” con la notazione riguardo al regime di comunione). Tale assunto si palesa nella disponibilità della quota del comunista, che può alienarla, ossia venderla ad un terzo, in contrapposizione all’indisponibilità assoluta della posizione del singolo coniuge in comunione legale dei beni.

Rimandando ad un approfondimento più organico dell’argomento, è importante sottolineare che nella comunione legale non confluiscono tutti i beni dei coniugi ma solo alcuni di quelli acquisiti in vigenza di tale regime ed, in particolare, quelli previsti dagli articoli 177 e 178 cc.

Gli sposi potrebbero scegliere una comunione convenzionale al posto di quella legale.

Come  già anticipato, laddove i coniugi, pur volendo mantenere un regime patrimoniale  di comunione dei beni, desiderassero disciplinarlo differentemente, potranno decidere di adottare un regime di comunione c.d. “convenzionale”: il codice (art. 210 e ss.) permette, con alcune limitazioni (ad esempio l’impossibilità di ricomprendere taluni beni personali nella comunione convenzionale o di derogare alle norme inerenti l’amministrazione dei beni), di regolare convenzionalmente i propri rapporti patrimoniali in costanza di matrimonio.

OFF TOPIC

Mi rivolgo a te, cara/o suocera/o che sei arrivata/o sino a qui nella lettura: sulla base dell’esperienza, è bene metterti in guardia su un punto.

Sei convinta/o che quell’arpia di tua nuora/ tuo genero (in quanto soggetto finanziariamente svantaggiato) stia cercando di convincere la tua povera figliola o il tuo povero figliolo a non optare per la separazione dei beni in modo da godere delle gioie del regime della comunione legale dei beni?

Bene, sappi che, tentando di intrometterti indebitamente (eh si, ormai la tua cucciola/ il tuo cucciolo è una donna/ un ometto e può liberamente determinare la propria vita anche dal punto di vista giuridico, ahimè) rischi, dal tuo (errato) punto di vista di peggiorare la situazione.

Infatti, laddove i coniugi, pressati dalle tue insistenze (e animati dall’avversione nei confronti delle tue oppressive pretese), avendo optato per un regime di separazione dei beni, decidessero di divenire comproprietari di un bene acquistato in comunione ordinaria, tua figlia/ tuo figlio sarebbe meno “tutelata/o” e si potrebbe trovare a dover sopportare, ad esempio, una eventuale alienazione della quota spettante al/alla coniuge, non applicandosi a questa fattispecie quanto previsto per la comunione legale (gli atti eccedenti la straordinaria amministrazione vanno compiuti congiuntamente da entrambi i coniugi), bensì la disciplina della comunione ordinaria (il comproprietario può alienare liberamente la propria quota senza dover rispettare alcuna prelazione).

FINE OT

Un bene oggetto della comunione legale, alla morte di uno dei due coniugi cade in successione seguendo le regole ordinarie.

Sia che la successione “mortis causa” sia legittima, come nel caso di specie, che testamentaria, il bene oggetto della comunione legale, scioltasi la comunione a causa del decesso di uno dei due coniugi, cade in successione secondo le regole della comunione ordinaria: in questo senso il coniuge superstite sarà titolare della metà della massa della comunione mentre la restante metà cadrà in successione.

In conclusione:

Come visto, gli immobili, nonostante siano accatastati con la dicitura “Proprietà di 1/1 di Tizio in regime di comunione legale”, cadono in successione per la metà.[1]

Infine, ai sensi dell’art.581 cc., la metà dei beni, concorrendo regolarmente a formare l’asse ereditario, spetterà per un terzo a Claudia, per un terzo a sua sorella e per un terzo a suo padre.

***

Da ricordare

– Il regime patrimoniale della comunione legale dei beni è quello di default laddove i coniugi non scelgano diversamente.

– In alternativa gli sposi possono optare per il regime della separazione dei beni o per un regime di comunione “convenzionale”.

– Comunione legale e comunione ordinaria sono due istituti differenti: una delle differenze principali è che la comunione legale è “senza quote”.

– Con la morte di uno dei due coniugi la comunione legale si scioglie e “lascia il posto” alla comunione ordinaria: la metà dei beni spetterà al coniuge superstite in quanto già di sua proprietà, mentre la restante metà cadrà regolarmente in successione (successione alla quale concorrerà anche il coniuge superstite in qualità di erede).

Articoli del Codice Civile

– artt. 159, 162, 163;

– Libro Primo, Titolo VI, Capo VI, Sezione III (in particolare artt. 177, 178, 179, 180,184);

– art. 210;

– art. 581.

Per approfondire

– Relazione del Ministro Guardasigilli Grandi al Codice Civile del 1942, 108:

https://www.consiglionazionaleforense.it/web/cnf/collana-studi-storici-e-giuridici?largefont

– Sito CNN:

https://www.notariato.it/it/famiglia/comunione-legale

***

Fonti

Manuale di diritto privato, A. Torrente, P. Schelesinger, Giuffrè Editore.

Manuale Notarile, L. Guglielmino, B. Nastrino, P. Simonetti, Dike Giuridica Editrice.

Commentario breve al codice civile, G.Cian, A. Trabucchi, Cedam.


[1] Si potrebbe dire lo stesso per il saldo presente sul conto corrente cointestato che, oggetto della c.d. comunione “de residuo”, nella prassi comune viene liquidato attribuendone (prendendo ad riferimento la fattispecie più semplice) la metà al coniuge contestatario superstite e l’altra metà secondo le rispettive quote di spettanza agli eredi. In realtà questa impostazione lascia spazio ad alcuni dubbi che ci impegnamo ad approfondire prossimamente; a sostegno di tali perplessità (con riguardo ad una fattispecie differente) lo studio promosso dalla Fondazione Italiana del Notariato consultabile all’indirizzo internet https://elibrary.fondazionenotariato.it/articolo.asp?art=53/5306&mn=3 .

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